FEDE e moralita’

< una  presunzione di superiortita’>

Una volgata continua a far coincidere fede in Dio e moralita’.Sappiamo che le cose  stanno diversamente, e che la fede non è detto che renda le persone migliori.Al contrario,la presunzione di essere depositari di verità di fede alimenta l’amorale disprezzo per quanti a quella fede non sono omogenei e allineati.L’argomento è affrontato da Michele Turrisi in un ampio saggio – Se la fede diviene presunzione di superiorità morale-pubblicato sul Giornale di filosofia della religione (Aifr.it)

La realtà dei fatti ci dimostra abbastanza chiaramente che fede in Dio e moralità non sempre coincidono.Le due cose purtroppo non vanno necessariamente di pari passo.Sappiamo benissimo che non basta essere credenti per essere persone migliori,spiritualmente e moralmente ( vedi tanti parlamentari pseudo cattolici per interessi elettoralistici) . Magari fosse così! Staremmo certo tutti meglio,vista l’altissima percentuale di credenti nel mondo ( ben i cinque sesti della popolazione).

D’altra parte, ancora oggi accade che i cosiddetti <senza Dio> vengano da più parti dipinti a tinte scure.Atei e agnostici non possono, per principio, predicare/praticare nulla di veramente buono. Da costoro  non potrebbe quindi venire alcun apporto positivo per una  “sana” visione etica.

Ci sono certo importanti eccezioni.Per esempio,alla domanda <il cristianesimo di speciale cosa può offrire?>il noto teologo cattolico dissidente Hans Kung ha risposto così < Molto.Naturalmente va capito che anche nelle altre religioni si trovano tanti valori e che una visione etica e spirituale si nutre anche dell’apporto che viene dagli agnostici,dagli scettici, dagli atei.Insomma il cristianesimo non può pretendere di cambiare da solo il mondo….(da una intervista di Marco Polito – la Repubblica,10 marzo 2005).Per Sergio Quinzio –filosofo della rivelazione,eminente esegeta della tradizione giudaica-cristiana,portatore di una fede (nel Dio biblico) tanto salda quanto inquieta,tra la Croce e il Nulla, in virtù della quale però ha potuto parlare con e ai non credenti- si può anzi dire che < il credente ha bisogno dell’incredulo,in assenza del quale, com’è troppe volte accaduto,la sua fede si trasforma in tranquillo e non di rado ottuso sistema di certezze.

<La fede che non si espone costantemente alle possibilità dell’incredulità> ha scritto Heidegger, < non è neppure una fede>. Se è vero ,oggi di fede ce n’è ben poca.L’opportunità di confrontarsi con i non credenti non mancherebbe infatti a nessuno,ma la fede cristiana continua a presentarsi soprattutto come lo schieramento di coloro che hanno una risposta pronta per ogni domanda, tanto che le domande gli appaiono superate e del tutto inutili,anzi senz’altro colpevoli> (S.Quinzio,La speranza nell’apocalisse, Paoline,Roma 1984,p.48).

Ebbene,negli ultimi tempi mi sono chiesto fino a che punto si possa fondatamente sostenere,da parte dei credenti, che l’etica dei non credenti sia inevitabilmente a rischio,oltre che di <qualità inferiore>:

Ancora oggi viene di continuo e da più parti ribadita la terrificante sentenza: una società senza (il nostro) Dio si autodistrugge,inesorabilmente! Per molti ne consegue che  bisogna diffidare dei non credenti e contrastare le scellerate istanze laiche.Per il bene di tutti- si capisce.Una cosa però è tragicamente vera: né l’amore per Dio né la credenza nell’inferno eterno hanno mai impedito (storicamente ed ancora) a coloro che li professano entrambi di concepire e compiere i delitti più esecrabili. Eppure si ripropone la tesi che solo chi crede in Dio rispetta la vita ( ma cosa non è stato fatto e non si fa proprio in nome di Dio!); e alla domanda <  in che cosa crede chi non crede?> tanti credenti continuano a rispondere con sfacciata sicumera : “ Ma in nulla ! Se Dio non esiste, allora tutto è possibile,opinabile,lecito…Non ancorati a Dio, il valore della vita e la dignità umana restano senza fondamento….”

Un uomo e credente di eccezione come Albert Schweitzer  ha affermato  invece : << Se domani giungessi alla conclusione che Dio non esiste, e che non esiste l’immortalità , e che la morale non è che una invenzione della società (..) ciò non mi turberebbe affatto. L’equilibrio della mia vita interiore e la consapevolezza del mio  dovere non ne sarebbero intimamante scossi.Riderei di cuore e direi : Sì,e allora ?(..)Questo mi riempie di sereno orgoglio> (lettere,1901-1913). Di più: < Quando il pensiero si inoltra per la sua strada,deve essere preparato a tutto, anche ad arrivare  all’agnosticismo(Nichterkennen), Ma se anche la nostra volontà di azione fosse destinata a combattere una lotte senza fine e senza successo con una concezione agnostica del mondo e della vita,questa dolorosa disillusione sarebbe pur sempre preferibile alla rinuncia a pensare. Poichè questa disillusione significa già purificazione. (Lauterung).

Mi chiedo allora se verrà mai il tempo in cui i credenti di tutte le specie e latitudini vorranno e sapranno  far proprie queste parole. Mi lascia però ben sperare il fatto di vedere riprodotte e apertamente valorizzate su un’autorevole rivista  teologica ( Protestantesimo,n.3/2002-pubblicata dalla facoltà Valdese di Teologia) queste e altre fondamentali affermazioni di Schweitzer.       – Michele Turrisi

 

A sx in alto inserire foto quadro Van Gogh , Notte stellata